X festival di primavera
Teatro dei due mari 2010

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MEDEA

di Euripide

traduzione e adattamento di Filippo Amoroso

Medea ci riporta a partire dai tragici greci alle donne di oggi. Sono infatti le donne a mettere in discussione la vecchia cultura facendosi portatrici di un nuovo pensiero. Ed è proprio attraverso Medea (figura totalmente inedita e significativa) che Euripide pone all’interno delle rappresentazioni tragiche un elemento di assoluta modernità. Medea, infatti, è la prima donna a mettere in discussione i rapporti tra uomo e donna, evidenziando una situazione di forza, contestando l’esistente, aprendo un contenzioso e lasciando intravedere nuove possibilità. Medea è per questo uno dei più estremi e affascinanti personaggi della tragedia classica e moderna in quanto,  prima fra tutte, non agisce spinta da un impulso erotico o sentimentale ma per rispondere ad una ingiustizia. Le modalità del suo atto trascendono ogni consuetudine. In Medea l’azione tragica coincide con la sua stessa rovina poiché, mentre punisce il padre dei suoi figli, colpisce con uguale violenza se stessa: pur riconoscendo l’impatto del suo agire lo persegue con determinazione e lucida consapevolezza. Il conflitto per la prima volta in una tragedia non è fuori, ma dentro il personaggio, come risulta dal ruolo decisivo dei monologhi nello sviluppo della struttura drammaturgica.

 Maurizio Panici


Personaggi e interpreti

Medea                  Pamela Villoresi
Giasone                David Sebasti
Creonte                Renato Campese
Egeo                     Maurizio Panici
Nutrice                 Silvia Budri da Baren
Corifea                 Elena Sbardello
Nunzio                 Andrea Bacci
Regia                    Maurizio Panici

Il filmato e le foto con montaggio di Nina Valenti

La trama

Medea è una maga proveniente dalla Colchide, che aveva aiutato Giasone a conquistare il vello d'oro, uccidendo anche il proprio fratello, Pelia, perché innamorata dell'eroe greco. Giasone la sposa e la porta a Corinto, dove la donna lo rende padre di due figli. Ma Giasone, non contento di tutto ciò, decide di avere una discendenza regale perciò l'abbandona per sposare la figlia del re Creonte. Ella si sente isolata perché è considerata barbara in una terra straniera ed a lei ostile, Creonte, inoltre, temendo che possa ordire qualcosa contro la propria rivale, le intima di andare via. La maga cova vendetta e, fingendo di accettare le richieste del re, manda un vestito nuziale ed un diadema avvelenati alla futura moglie di Giasone, che, indossatili, brucia assieme al padre accorso in suo aiuto. La sua vendetta non si ferma qui, ma con lucida follia, altelinante tra stati d'animo contrastanti, quali l'affetto per le sue creature ed il desiderio di farsi giustizia, uccide con le sue mani i figli. Dopo aver parlato per l'ultima volta con Giasone, a cui ha lasciato un indelebile dolore che mai potrà lenire, si salva dall'ira del marito salendo sul carro del sole, di cui è nipote. Si recherà ad Atene dove sposerà Egeo, a cui darà un figlio di nome Medo.

 

La Medea di Euripide fu rappresentata ad Atene nel 431 a. C. In essa viene affrontato il tema del rapporto tra i coniugi, un rapporto asimmetrico in cui la moglie ha solo dei doveri, come quello di procreare dei figli per il marito, su cui ella non avrà alcun diritto. L'aspirazione dell'uomo ad avere assicurata una discendenza sta al centro dell'opera, quando entra in iscena il vecchio Egeo che offre il suo aiuto a Medea per assicurarsi la fertilità e lei, essendo maga, gliela promette in cambio della sua ospitalità. Tuttavia Medea rivendica il diritto dell'appartenenza dei figli anche alla madre, decidendo il loro sacrificio a costo del suo dolore: "Sarò io ad ucciderli, perchè sono stata io che li ho generati".

Nina Valenti